Con il romanzo “Tutto è notte nera”, del 2015, si conclude la cosiddetta “trilogia cimbra” e cioè il ciclo di tre gialli ambientati nell’Altovicentino, il territorio nel quale si insediarono tra XI e il XVI secolo i coloni bavaresi che poi furono chiamati “Cimbri” dalla parola “tzimber” che vuol dire “boscaiolo”. Il romanzo ha avuto un notevole riscontro da parte del pubblico e della critica perché racconta un particolare fenomeno storico e cioè l’adesione popolare all’eresia protestante che caratterizzò il vicentino – e in particolare l’area cimbra – e il Veneto tutto, nel XVI secolo. L’intreccio giallo, con un primo efferato delitto che avviene tra le colline ai piedi dei monti, prende inizio nell’inverno del 1975 e si sviluppa svelando una ricca documentazione sui protestanti vicentini e su quelli veneti: parroci, tessitori, nobili e contadini, presi di mira dai Tribunale dell’Inquisizione a Vicenza, Padova e Venezia, e finiti al rogo o a remare incatenati nelle galee veneziane, o esposti al pubblico ludibrio. Nella rievocazione di quelle tragiche esperienze di fede, di fanatismo e di crudeltà clericale si rintracciano i fili di un’indagine poliziesca avvincente.
A ogni curva i fari dell’auto spazzavano la co-sta del monte e illuminavano gli alberi di un bosco ormai spoglio. I tronchi, colpiti dalla lu-ce, apparivano d’improvviso nella notte simili a neri feticci, mentre le ruote schizzavano tutt’intorno manciate di fango.”
In una notte di pioggia, in mezzo a cupe colline, un automobilista s’imbatte per caso in un efferato delitto. La vittima è una ragazza sconosciuta che, in punto di morte, gli consegna una busta piena di antichi documenti: “Scappa, scappa” sono le sue ultime parole.
I carabinieri giungono lassù dopo pochi minuti, avvertiti da una telefonata anonima, ma trovano soltanto il suo corpo senza vita: l’involontario testimone si è volatilizzato.
Inizia così l’intricata indagine del maresciallo Piconese, tesa innanzitutto a scoprire l’identità della ragazza e che poi s’indirizza verso una strana comunità insediata sulla cima di un colle selvoso. Dopo la sua fuga, l’ignoto testimone viene identificato dal cronista del quotidiano locale che s’è ficcato in testa di pubblicare lo scoop della propria vita. I due cominciano una loro indagine partendo dall’enigma rinvenuto fra i documenti della vittima, aiutati da una postina avventizia e dal suo strambo fratello. Il racconto giallo s’arricchisce ben presto dei colori dell’avventura, snodandosi tra peripezie e contrattempi in giro per boschi, valli e contrade alpine.
Alla fine, le due indagini tenderanno fatalmente a convergere e la soluzione del delitto verrà trovata, con un finale a sorpresa, in una vicenda che si credeva ormai cancellata dalla memoria della gente e dalle pagine dei libri di storia.
Un romanzo giallo che è un romanzo d’avventura, un romanzo d’avventura che è un libro di storia: la storia del Pedemonte Veneto, dei suoi montanari cimbri e dei parroci todeschi, mandati al rogo dall’Inquisizione.
Mentre si dipana un’incalzante indagine poliziesca, riaffiorano uno dopo l’altro i nomi dei tanti condannati all’oblio dalla Serenissima Repubblica:
“…noi usiamo non fuochi e fiamme, ma far morir segretamente chi merita.”
(lettera di Paolo Tiepolo, ambasciatore di Venezia, a papa Pio V, 1568)Dopo “La Valle dell’Orco” e “L’Ultima Anguàna” un nuovo thriller che completa la “trilogia cimbra” di Umberto Matino