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“I cimbri, i protestanti & gli imprenditori:storie vicentine fuori dagli schemi”AA(seconda parte)ZZ

Estratto dall’articolo pubblicato nella rivista “Quaderni Vicentini” n. 5 del 2018

“[…] Il romanzo “i Rossi”, uscito nel 2018, è al tempo stesso continuazione e superamento di quanto scritto nei romanzi della “Trilogia cimbra”. Continuazione, perché la storia dell’industrializzazione dell’Altovicentino – una vera e propria epopea – che viene raccontata in questo romanzo, affonda radici profonde e robuste proprio nel mondo cimbro; superamento, perché con l’affermarsi della grande industria quel territorio diventò un vero e proprio “laboratorio” ove s’affrontarono in maniera del tutto originale e innovativa, temi e problemi di portata nazionale e internazionale. Racconto nel mio romanzo: “La popolazione dell’alto vicentino s’è misurata per secoli con un ambiente alpino duro e difficile. Nelle zone più elevate, sull’altopiano di Asiago, il pascolo e il bosco garantivano comunque un’economia silvo-pastorale relativamente prospera. Nelle aree collinari invece – e nelle tre grandi valli dell’Astico, del Leogra e dell’Agno – la povertà dei terreni e dei boschi, spinse quel popolo di pastori e di carpentieri a misurarsi in altre attività per assicurare di che vivere alle proprie famiglie: nelle cave di marmo e di pietra, nelle tante miniere sorte nel Cinquecento, e poi nella tessitura e nella metallurgia. I montanari cimbri divennero produttori – di volta in volta operai o imprenditori – e crearono, passo dopo passo, un comparto industriale che già nell’800 fu tra i più importanti d’Italia e d’Europa.” Avevo già affermato nelle note di “Tutto è notte nera”: “(…) Molti degli imprenditori valdagnesi e scledensi che capitanarono tale impresa sono riconducibili, già dai loro cognomi, ad antiche famiglie cimbre: dai Rossi di Lusiana, ai Marzotto di Chiampo, e poi i Féderle, i Saccardo, i Conte, i de Pretto, i Làverda, i dal Brun, i Lora, i Cortiana, i Drago, i Ceccato, i Costa, ecc. La storia dell’Altovicentino mostra pertanto con evidenza come il mondo cimbro non possa essere circoscritto in un orizzonte unicamente silvo-pastorale e come esso abbia invece contribuito in maniera determinante all’industrializzazione del Veneto e al suo riscatto da una miseria secolare.” E così continua il racconto ne “i Rossi”: “(…) In mezzo a quella gente – e uguale in tutto per tutto a loro, per origini, cultura e mentalità – Alessandro Rossi svolse un ruolo preminente e propulsivo, costruendo un vero e proprio ponte col mondo industriale europeo. La quantità di tecnologie e di tecnici che egli riversò nell’alto vicentino non ha paragone nell’intera nazione.” Dopo tali premesse e incontrando la figura dell’industriale Alessandro Rossi, ben si intuisce che l’ambiente – il contesto – dove nasce e si sviluppa la mia storia gialla sia il mondo del lavoro, delle fabbriche, dell’innovazione tecnologica, del movimento operaio. I giovani protagonisti del romanzo sono infatti sindacalisti, studenti e lavoratori, descritti alla fine degli anni Sessanta – la vicenda si svolge nel 1970 – e intrisi dell’idealismo di quei tempi, propensi all’estremismo ideologico e con dentro di sé una voglia irrefrenabile di libertà, di modernità, d’emancipazione. A differenza dei loro coetanei che abitano nelle grandi città, questi giovani vivono però in un angolo d’Italia del tutto particolare: l’Altovicentino infatti – ma per tanti aspetti l’intera provincia di Vicenza – è stato coinvolto, già a partire dal ‘700 e poi per tutto l’800, in un’esperienza di rilevanza europea e cioè la nascita della grande industria tessile e metalmeccanica e l’affermarsi di un modello di riformismo sociale, di welfare aziendale, comparabili solamente con ciò che farà, cent’anni dopo, Adriano Olivetti a Ivrea. Fin dal suo sorgere, nel ‘700, l’industria scledense si misura con la tecnologia più avanzata e con i migliori tecnici del settore provenienti direttamente dall’Inghilterra. Il nobile veneziano Niccolò Tron, di ritorno da Londra, apre infatti un lanificio a Schio nel 1718 introducendo i rivoluzionari telai con spoletta volante Kay e insieme agli inglesi John Coles e Richard Black, ai tedeschi Stahl e Conigh, e ai Liensching, i Carcassone, i Douarche, avvia la produzione di londrine – tessuti di Londra, d’alto pregio – che imprimono un salto di qualità a tutta la produzione locale. Ma sarà poi all’inizio dell’Ottocento che il medesimo stabilimento industriale, giunto in proprietà alla famiglia Rossi, vedrà all’opera Alessandro Rossi. Dopo aver ereditato dal padre un’azienda dotata di qualche decina di operai, e dopo essere stato inviato in giro per tutta Europa per conoscere imprenditori, tecnologi, politici, commercianti e inventori, Rossi riesce a trasferire a Schio decine e decine di ingegneri e tecnici tedeschi, belgi, francesi ed inglesi1. Acquista tutti i propri macchinari sul mercato estero2. Apre, anno dopo anno, numerosi stabilimenti3 nell’Altovicentino – occupando a metà Ottocento, oltre cinquemila operai – e nel 1873 riunisce tutte queste iniziative in un’unica società dando vita a quella che, in quel momento, è la più grande società per azioni dell’Italia intera, la più grande industria tessile d’Europa. I sottoscrittori delle azioni, i suoi finanziatori, fanno parte della finanza internazionale, dei ceti imprenditoriali stranieri e, in parte, milanesi4. Ma ciò che rende esemplare l’azione di Rossi non è solo il suo essere un abile capitano d’industria, un grande imprenditore. Nei suoi viaggi in Europa non ha conosciuto solo le innovazioni tecnologiche, ha visitato e conosciuto anche le maggiori realizzazioni sociali dell’epoca, stringendo rapporti di amicizia con gli industriali riformisti e gli esponenti del socialismo utopistico5. Una volta tornato a Schio dà inizio, con gran lena, ad un welfare aziendale che ancor oggi si può annoverare fra i più avanzati a livello europeo6. Sotto la spinta dell’azione imprenditoriale e riformatrice di Rossi, molte altre industrie del vicentino seguono strade similari e si rafforzano e si espandono: a Valdagno, ad esempio, la dinastia imprenditoriale dei Marzotto seguirà passo passo una strada simile, diventando una grande industria e realizzando anch’essa, negli anni 30 del Novecento, un esemplare intervento di edilizia sociale. Non sono però solo gli industriali a capire la lezione del Rossi, anche i suoi lavoratori, gli operai dei lanifici, acquisiscono via via coscienza di sé, si specializzano, si alfabetizzano, intrattengono rapporti con le leghe e i movimenti sindacali che si stanno formando in Italia e in Europa. In perfetta sincronia con lo sviluppo dell’industria si assiste pertanto nel 1873 – proprio nell’anno di fondazione della grande società per azioni – al primo grande sciopero delle maestranze del lanificio. Da quel momento si può dire che inizia nella sua forma più completa ed esemplare la storia contemporanea dell’Altovicentino: capitale e lavoro, padroni e operai, impresa e sindacato di classe, nascono insieme e d’ora in poi le loro vicende saranno sempre dialetticamente intrecciate. Per un’ironia della storia, a Schio i paroni e gli operai furono uniti non solo dal medesimo destino, ma perfino nel nome, Rossi, che per gli uni fu il proprio cognome e per gli altri, il colore dei loro vessilli. Il titolo del romanzo ha, volutamente, questa duplice lettura. Questo è dunque il quadro entro il quale si dipana la narrazione de “i Rossi”, intrecciando tra loro l’invenzione romanzesca – il thriller – e i fatti storici, così come era stato nei romanzi precedenti. La trama gialla non è né secondaria né strumentale perché, svolgendosi essa nella contemporaneità, mette in risalto le trasformazioni intervenute nei luoghi, e mostra come la storia passata operi nella realtà odierna e la vivifichi, dando spessore e senso ai modi d’agire e di pensare dei protagonisti.”

1. Alcuni nomi dei tecnici stranieri impiegati negli stabilimenti dell’altovicentino: E. Stamm, O. Didio, E. Muller, E. Larsimont, T. Mannwiller, E. Meunier, G. Crutzen, G. Wild, G. Snackers, F. Avelange, P. Bellancourt, L. Dumesnil, A. Visez, N. Melem, S. Wetterwald, G. Schmelz, ecc. ecc.

2. Alcuni nomi dei fornitori di macchinari: Houget & Teston, Smith and Brothers, M. Grun, James & John Collier, Sulzer, Rieter, Charles Terrot & Wilhelm Stucklen, Hick Hargreaves & Co., Schlumberger, G. Cropton, Witheley, ecc. ecc.

3. A Schio: tessitura, filatura, tintoria, rammendo (1817, 1839, 1862, 1872); a Piovene Rocchette: filatura e tintura lana pettinata (1869) e tessitura (1871 e 1886); a Pievebelvicino: tessitura panni pesanti (1871); a Torrebelvicino: lavorazione dei panni e filatura cardata (1873); a Marano Vicentino: tessitura(1910); a Dueville: tessitura (1904); a Vicenza: pettinatura (1924); a Montorio Veronese: lavorazione pellami (1917); a Arsiero: cartiera (1878); a Vicenza: cotonificio (1885); a Schio: macchinari tessili, Smit (1938).

4. Alcuni nomi degli azionisti del Lanificio Rossi: S. Weil-Scott, M. Weiss, L. Krumm, G. Koppel, F. Mylus, N. Schlumberger, J. Dolfuss, L. Harmel, J. Cockerill, E. Moerman, Marden Orison Swett, A. Bleichert, W. Thayer, W. Willoughby, C. Kechler, ecc. ecc.

5. Alessandro Rossi studiò le loro realizzazioni, e spesso conobbe e corrispose con i più famosi industriali riformatori europei, tra i quali: Robert Owen a New Lanark (1800); Samuel Greg a Styal (1784); Sir Titus Salt a Saltaire (1850); G. Cadbury a Bourville (1895); Henry de Gorge a Hornu (1822); Menier a Noisel (1862); Jean Dollfus, Emille Muller, Jean Zuber a Mulhouse (1853); Jean Jacquec Bourcart e Nicolas Schlumberg a Guebwiller (1856); Robert Centner e Emile Houget a Verviers. Molti di quest’ultimi appartengono all’ambiente del riformismo di matrice calvinista che Rossi frequentò con assiduità e che contribuì a formare il suo pensiero riformatore. Vedi anche in www. museeprotestant.org/ les protestants et la vie économique.

6. Nel 1861 A. Rossi promuove la costituzione della Cassa di Mutuo Soccorso, costituita sull’esempio delle “Caises de Secours” che aveva conosciuto in Francia e in Belgio. Scopo della Cassa era costituire un fondo per malattie, infortuni e vecchiaia cosicché i lavoratori potessero contare su assistenza e reddito anche nei momenti d’impedimento. Nel 1864 costituisce una Cassa Fitti a vantaggio degli operai più bisognosi e meritevoli, riducendo l’onere dell’affitto del 25%. Nel 1873 promuove la costituzione di un Magazzino cooperativo per la vendita di generi alimentari e un Magazzino merci per vendere “a prezzi mitissimi” gli scampoli dei tessuti. Nel 1867 fa costruire il primo asilo infantile, per 150 posti. Con la ristrutturazione del 1872 e i successivi ampliamenti giunse a poter ospitare 470 bambini. Realizza inoltre le scuole di ogni ordine e grado fino all’Istituto Tecnico Industriale di Vicenza, che in breve diventa una scuola di eccellenza fra le scuole tecniche italiane. Con inizio nel 1872, realizza a Schio un grande quartiere di case per lavoratori: operai, impiegati, tecnici e dirigenti del Lanificio; altri quartieri di case per lavoratori vengono realizzati a Piovene nel 1883, a Pievebelvicino nel 1878, a Torrebelvicino nel 1878, a Vicenza nel 1889. Realizza ghiacciaie di quartiere, bagni pubblici, macello comunale, teatro, chiesa. Si mette in società con l’ingegnere Vincenzo Breda, di Padova, e realizza la rete ferroviaria dell’Altovicentino e di mezzo Veneto. Sempre con il Breda e con altri soci, partecipa alla creazione delle Acciaierie di Terni e dei Cantieri Navali di Venezia.

Monumento al Tessitore, eretto da A. Rossi nel 1879